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Anestesia e approccio al piccolo paziente nello studio odontoiatrico






Introduzione



Svolgere terapie a carico di un piccolo paziente prevede la messa in atto di protocolli clinici dedicati, ma soprattutto la predisposizione delle condizioni ambientali, relazionali ed emotive.
Se normalmente è sufficiente operare secondo scienza, coscienza e nel rispetto delle linee guida, il bambino richiede uno sforzo in più, per giungere nelle condizioni adatte a mettere in pratica una buona clinica.
A nulla vale essere un professionista, se non si è in grado di ottenere la fiducia del paziente, metterlo a suo agio e renderlo pienamente collaborante.
Rendere il bambino partecipe di quanto verrà svolto vi permetterà anche di fidelizzarlo, migliorare il suo rapporto con l’igiene orale e monitorare nel tempo l’evolversi della sua salute ed il progredire del suo stato di maturazione e crescita.
Gli studi specializzati in ambito pedodontico conoscono bene questi aspetti e per questo costruiscono un ambiente a misura del propri pazienti abituali.
Si tratta però di una realtà che coinvolge una minoranza degli studi. Esistono però alcuni concetti basilari che possono aiutare anche l’odontoiatra generalista a svolgere con serenità le terapie nel bambino. Innanzitutto, il personale di studio svolge un ruolo molto importante nel mettere a proprio agio il piccolo paziente, gli assistenti vanno adeguatamente istruiti e formati in tal senso.
Inoltre adattare il proprio linguaggio all’età del paziente, coinvolgerlo nelle cure, spiegare le procedure in un modo a lui comprensibile, permettono di catturare l’attenzione e di porre le basi del rapporto.
Per non eradicare le fondamenta di questo rapporto poi, l’assenza di dolore durante le terapie è essenziale. Dall’anestesia al fine cura meno stimolazioni il soggetto riceverà e più sarà semplice ricondurlo alla propria poltrona per altri terapie e controlli.
Dal rapporto costruito con il bambino può poi scaturire un miglioramento del rapporto con i genitori stessi, che spesso diverranno a loro volta pazienti dello studio e che potranno rinforzare i messaggi che il clinico vorrà veicolare al bambino.
In questo E-book analizzeremo alcuni degli aspetti chiave per costruire un solido rapporto di cura con il paziente pedodontico, cominciando dal ruolo dei genitori, passando per la costruzione di un ambiente children-friendly e per l’adozione di terapie massimamente rispettose della sfera sensoriale ed emotiva.


Bambini dal dentista: il ruolo della famiglia

L’esperienza dolorifica costituisce senza dubbio uno dei fattori che influenzano il successo di un trattamento odontoiatrico. Grazie alle metodiche anestesiologiche è possibile prevenire l’effettiva comparsa di una sintomatologia algica in tutti quegli interventi in cui questa sia verosimilmente attesa. Ecco dunque che in molti casi il clinico si trova a dover gestire l’aspetto emotivo legato all’attesa del dolore.
Si può immaginare come tali sensazioni siano amplificate nel paziente pediatrico. Non tutti i bambini reagiscono allo stesso modo alle stimolazioni dolorifiche e, anzi, uno stesso paziente può porsi in maniera del tutto diversa in base al contesto.
I bambini più piccoli, ovviamente, incanalano la gran parte delle sensazioni spiacevoli – dall’aspettativa al timore fino all’effettivo stimolo dolorifico – nell’output unico del pianto.
Bambini e tecniche per la gestione dell’esperienza dolorifica. Crescendo, i bambini hanno maggiori possibilità di comprendere le basi del trattamento a cui andranno incontro: l’approccio “tell, show, do” da parte dell’odontoiatra risulterà pertanto più attuabile e verosimilmente più efficace nel prevenire le paure legate semplicemente alla novità e alla particolarità dell’ambiente. Contemporaneamente, il paziente avrà acquisito anche mezzi più complessi nella gestione dello stress. I mezzi di evasione, dal pianto-fuga, diventeranno più raffinati: il bambino può condurre ad esempio il clinico e gli altri caregiver (in primis i genitori) sulla via della discussione o della negoziazione. Dall’altra parte, però, questi stessi mezzi possono essere sfruttati in senso positivo nel convincimento del paziente. È il caso del coping, ovvero le strategie cognitive e comportamentali messe in atto nella gestione delle condizioni di stress. La più basilare strategia di coping, non a caso, è proprio quella dell’evitamento, soprattutto in un contesto come quello odontoiatrico, in cui difficilmente il bambino avrà modelli pregressi a cui attingere. Un esempio positivo è invece quello del paziente che, vedendo il genitore non spaventato dall’idea del doversi sottoporre all’anestesia, si mostra a sua volta ugualmente tranquillo. In questo senso anche il pianto, dunque il comportamento dei bambini più piccoli, va interpretato come una misura di coping, una via, paradossalmente, atta a mantenere il controllo della situazione stressogena più che la risposta a una reale esperienza dolorifica.
Nel caso del bambino più grande, invece, è solitamente più semplice distinguere la paura dal coping, perché si potrà direttamente interpellare il paziente chiedendogli quali siano le reali aspettative legate al trattamento. L’odontoiatra potrà allora istruire il paziente sui momenti in cui gli sarà richiesta maggiore concentrazione oppure attiva collaborazione e insegnargli le tecniche basilari di rilassamento.



I processi fin qui descritti ci portano a parlare della gestione dell'ansia odontoiatrica nel bambino. In letteratura si ritrovano numerose indicazioni positive legate alla cosiddetta terapia comportamentale.
In questo senso si ritrova concordanza sul fatto che l'alleanza terapeutica, la fiducia nel clinico, la partecipazione al piano di cure, soprattutto nel caso di paziente molto piccolo, debbano essere mediate dal caregiver, che più comunemente sarà il genitore.
Pare lecito domandarsi il valore di un comportamento opposto, ovvero l'espressione da parte del genitore di un sentimento negativo: tale atteggiamento è in grado di compromettere il percorso terapeutico del figlio? È indubbio che, per una coscienza in formazione, quello genitoriale rappresenti un modello importante. Il bambino tende a fare propri comportamenti e modi di pensare del genitore.
Proprio a proposito di ansia odontoiatrica, Wu e Gao hanno condotto uno studio a partire da una correlazione genitore-figlio supportata da un'evidenza di grado moderato. Un recente studio condotto negli Stati Uniti riporta come il 40% dei genitori fornisca ai figli un feedback negativo delle proprie esperienze odontoiatriche pregresse, concordando nel suggerire come l'ansia sia spesso un sentimento condiviso da genitori e figli. Altri Autori si sono chiesti chi, tra madre e padre, possa veicolare input più forti, ma, in tal senso, i dati sono al momento contrastanti e non permettono di formulare conclusioni.
Altri studi hanno provato a correlare lo “stile genitoriale”, cioè il modello educativo (autorevole, autoritario o permissivo), alla paura del dentista: anche in questo caso pare necessario incrementare il corpus scientifico sull'argomento. Più di un Autore riporta invece la tendenza alla minore collaborazione da parte di primogeniti e figli unici. Anche i fratelli sarebbero peraltro in grado, come i genitori, di trasmettere tali modelli comportamentali.
Partendo da tali premesse, i due Autori sopracitati hanno indagato la possibile relazione tra ansia odontoiatrica e una serie di fattori legati all'ambiente famigliare.
Lo studio ha coinvolto 405 nuclei famigliari di Hong Kong, i quali hanno risposto a 4 diversi questionari: (1) un'indagine su composizione della famiglia e suo status socioeconomico, completata dai genitori, (2) una valutazione dello stile genitoriale e, infine, dell'ansia odontoiatrica (3) da parte dei genitori e (4) dei figli (9-13 anni).
I dati sperimentali smentiscono una correlazione con lo status socioeconomico e soprattutto, con ansia odontoiatrica parentale e modello educativo. Forse più inaspettatamente, pare invece essere la composizione famigliare un fattore predittivo dell'ansia odontoiatrica: in particolare, la presenza di fratelli con fobia o ansia odontoiatrica ne sarebbe una possibile determinante[1,2,3].


Mettere a proprio agio il piccolo paziente alla poltrona del dentista

Detto del ruolo fondamentale della famiglia nell’approccio alle cure, è tempo di vedere cosa l’odontoiatra e tutto il mondo che gli ruota attorno, possa fare per mettere il bambino nelle migliori condizioni di essere curato.
Una notizia che aveva suscitato grande interesse lo scorso anno, è quella di un ospedale italiano che aveva incontrato difficoltà a trattare un bambino affetto da disturbi congeniti.



Per poterlo curare al meglio e metterlo a sua agio, l’ospedale ha allestito un’intera sala in modo tale da poter simulare l’esperienza di un “viaggio nello spazio” all’interno dello studio odontoiatrico.
Ecco allora che non solo le poltrone, gli oggetti e i camici venivano mascherati, ma i nomi dati alle cose e alle prestazioni da svolgere acquisivano nomi nuovi; il piccolo paziente era l’astronauta che si avventurava in un viaggio fantastico.
Un’esperienza immersiva in un sogno, ecco cosa è diventata la visita per questo bambino.
Pur non potendo raggiungere questo livello nella cura di ciascuno, è importante conoscere sogni, paure e desideri dei piccoli pazienti e fornire loro una visita il più possibile in linea con la loro sfera emotiva. Alcuni studi a questo proposito, hanno riuniti a forma di animali, aree giochi in sala d’attesa, televisori con i cartoni animati e diverse altre attenzioni.
Per non vanificare tutto questo è importante arrivare alla poltrona e rispettare “le promesse” fatte con l’ambiente e la scenografia predisposta. Per mantenere disteso il clima durante il trattamento il bambino va coinvolto in ciò che viene fatto, accompagnandolo nel percorso di cura.
Il primo elemento che il bambino può percepire come sgradevole è il dolore, questo può far completamente perdere la fiducia nel clinico e instaurare un meccanismo, difficile da eradicare, di astio verso le terapie.
L’anestesia è la prima procedura che spesso viene svolta durante una terapia. Proprio per evitare un impatto negativo con la cura, utilizzare un sistema “amichevole” più simile ad una penna che ad una siringa, non può che comportare benefici sia nel rassicurare il piccolo paziente, che nella reale percezione di ciò che viene fatto.
The Wand è un sistema di anestesia computerizzata che grazie ad un handpiece che può essere diviso in 4 punti, permette di inserire in bocca un puntale molto piccolo, adatto a raggiungere tutti i punti della cavità orale senza necessità di grosse aperture.
L’iniezione lenta e controllata permette un distensione graduale dei tessuti, esitando in una sintomatologia drasticamente ridotta. Mentre l’anestesia viene erogata, è possibile spiegare ciò che verrà svolto da lì in poi, godendo della sua fiducia.
Certi dell’efficacia dell’anestesia, che possiamo confermare attraverso un crio test, la terapia seguirà senza intoppi i passaggi descritti al bambino.
A seconda dell’età il grado di approfondimento e coinvolgimento potrà variare, ma il principio di mantenere un dialogo è fondamentale per creare un rapporto costruttivo in tutte le fasi di lavoro.


Attenzioni particolari per i piccoli pazienti con esigenze cliniche speciali

Sono state ampiamente affrontate le strategie cliniche raccomandate nell’approccio odontoiatrico al bambino che si reca dal dentista pediatrico.
Secondo l’American Academy of Pediatric Dentistry (AAPD), i bambini con difformità o limitazione fisica, cognitiva, sensoriale, emotiva, comportamentale, di sviluppo, sia essa a base congenita o acquisita, necessitano di alcune attenzioni particolari. Questi bambini possono essere soggetti a un rischio incrementato di patologie dell’apparato stomatognatico, le quali hanno potenzialmente un impatto severo sulla qualità di vita. Non solo: alcuni possono riportare un ulteriore rischio anche per quanto riguarda condizioni di patologia indirettamente connesse con la salute orale. In più possono avere difficoltà per quanto riguarda la collaborazione in fase di trattamento.

Attenzioni particolari
Dental home: il concetto definisce l’evolversi delle relazioni tra il paziente e il medico. Le cure vengono assicurate in modo continuo, coordinato, accessibile e familiare. Una visione di questo tipo assicura un approccio clinico routinario e ha quindi un’efficacia preventiva sulle principali patologie odontoiatriche.
Valutazione del paziente e consulto medico: nella raccolta dei dati anamnestici è importante accertare se la condizione di patologia del bambino venga seguita da un medico specialista. Nei casi in cui il trattamento odontoiatrico lo richieda, può essere necessario un contatto con questa figura. Può essere ad esempio il caso della valutazione di metodiche di sedazione.
Comunicazione e indicazioni comportamentali: in taluni casi è indispensabile implementare positivamente le tecniche non verbali di comunicazione. Il consulto con il caregiver (di solito il genitore) e spesso la presenza dello stesso sono, in tal senso, imprescindibili. Dal punto di vista del comportamento, si conferma l’utilità della metodica “tell, show, do”. I casi più complessi richiederanno una valutazione più approfondita: la scala di Frankl, ad esempio, definisce l’attitudine alla collaborazione da parte del paziente, da molto negativo (–) a molto positivo (++).
Strategie preventive: dal punto di vista pratico, ci si riferisce in massima parte all’educazione all’igiene orale domiciliare. Educare a una dieta non cariogena.
Adattare la forma dello spazzolino per facilitarne l’impiego: sono disponibili spazzolini con manico più grande o piegato per una migliore impugnatura. Facilitare il passaggio all’elettrico, se indicato. Supplire l’apporto di fluoro qualora il dentifricio dovesse avere un sapore troppo sgradevole.
Prevenzione di traumi durante il trattamento: si fa riferimento in particolare al rischio di serramento improvviso. In molti casi sono utilizzabili degli specifici apribocca.



Prevenire lesioni da morsicatio: oltre a queste indicazioni fornite dall’AAPD, sembra opportuno ricordare che al termine di un intervento odontoiatrico spesso permane una parestesia al labbro per minuti, talvolta ore.
In questo periodo il bambino può facilmente morsicarsi per gioco o inavvertitamente il labbro; il perpetuarsi di morsicatio e piccole lesioni crea un disagio al bambino e suscita la preoccupazione dei genitori, che allarmati si rivolgeranno spesso nuovamente al curante.
Per non intaccare il vissuto del post-operatorio dei piccoli pazienti e ridurre il dissiparsi di tempo per il clinico, è buona norma dare accurate raccomandazioni ai genitori di controllare il figlio nelle ore seguenti l’intervento.
Ma esiste un’ulteriore possibilità. In tutti quei casi che lo consentano l’utilizzo della tecnica di Single Tooth Anesthesia, STA, può fornire grandi vantaggi.
Anestetizzando il solo elemento dentale coinvolto dalla prestazione, la maggior parte delle terapie non necessitano di anestetizzare più di un elemento, non sussisterà torpore irradiato ai tessuti limitrofi. Questo non solo eviterà le lesioni, ma farà sì che una volta al fuori dello studio odontoiatrico, il bambino non avverta più nulla di strano; la terapia è iniziata senza dolore, è continuata secondo le indicazioni fornite prima e durante le cure dal clinico ed è terminata non appena scesi dal riunito [4,5].


Pet therapy: come fare ancora di più nei piccoli pazienti

Nonostante i miglioramenti compiuti sia sul lato tecnologico, ad esempio con la comparsa di sistematiche indolori di somministrazione dell'anestesia locale, sia dal punto di vista comportamentale, l'ansia odontoiatrica rimane una problematica rilevante che i clinici si trovano a fronteggiare comunemente. Uno degli aspetti di maggiore criticità consiste nella variabilità dei possibili comportamenti alla poltrona, che spaziano dalla tensione, alla paura, fino all'aggressività, e possono ripercuotersi negativamente anche sui comportamenti domiciliari legati alla salute orale.
Negli ultimi anni, sono state riportate numerose esperienze nel campo del controllo non farmacologico dell'ansia e anche del dolore. A tale riguardo, la popolare rivista Time Magazine, nel 2016, ha pubblicato un articolo dal titolo “Animals and Your Health; the Power of Pets to Heal our Pain, Help Us Cope, and Improve Our Well- Being”. Ecco, la pet-therapy, più correttamente Animal-assisted therapy, in italiano zooterapia, rappresenta una opzione oramai notissima di intervento sussidiario: nel caso specifico, ha un grosso potenziale nell'approccio alle emozioni negative.



Nella sua revisione dal titolo “The Science Behind Animal-Assisted Therapy”, Marcus (2013) riporta diversi lavori scientifici,condotti su soggetti pediatrici e anche adulti, i quali riportano riduzione significativa dei sintomi dolorifici (acuti e cronici) dopo interazione con animali, nello specifico cani, in ambiente ospedaliero o extraospedaliero, per un periodo che si protrae per 10-20 minuti oltre la visita. Sono inoltre rilevate diminuzioni significative dei livelli di stress, disturbi dell'umore e affaticamento.
Dal punto di vista fisiologico, il paziente va incontro a riduzioni di alcuni ormoni dello stress e a incremento dei livelli di endorfine e ossitocina. Per quanto riguarda i parametri vitali, hanno osservato una riduzione significativa della pressione arteriosa prima e dopo l'incontro con l'animale, per un tempo medio di 15 minuti.
Un campo di ricerca importante per quanto riguarda le strategie emotive di coping è poi quello dei neuroni specchio.
Un dato di grande interesse è il fatto che i benefici della dog therapy superino quelli determinati dalla condivisione dell'esperienza con un accompagnatore “umano”, che è in effetti è l'opzione alla quale il paziente ansioso e, per ovvi motivi, quello pediatrico, ricorrono sistematicamente.
Anni fa, ha avuto una certa risonanza anche in Italia il caso di Brooke, la Golden Retriever che, una volta a settimana – il cosiddetto “Brooke day” – dopo accurata toelettatura, accoglie in sala d'attesa i piccoli pazienti del suo padrone, il dottor Paul Weiss di Williamsville, NY, per poi accucciarsi al riunito durante le visite.
Negli Stati Uniti sono ormai diverse le cliniche odontoiatriche, in Illinois, Virginia e Pennsylvania, che si affidano a therapy dog addestrati e certificati.
Non è da escludere, pertanto, che in un prossimo futuro esperienze di questo tipo siano sperimentate anche in altri paesi, partendo magari da strutture cliniche che già si avvalgono della zooterapia per altre applicazioni e, naturalmente, nel rispetto delle vigenti norme igieniche. In questo senso, la revisione di Manley (2016) suggerisce l'impiego della metodica durante trattamenti semplici, come profilassi o piccola restaurativa, i quali possono comunque rappresentare dei trigger rilevanti per le risposte del paziente ansioso [6,7].


STA: come evitare di giungere a terapie su bambini non collaboranti

Il trattamento di pazienti pediatrici non collaboranti è spesso complicato, soprattutto nel caso di interventi delicati e potenzialmente prolungati, come ad esempio la pulpectomia a livello dei molari decidui inferiori. Esistono alternative terapeutiche per ricondurre questi interventi a situazioni più serene; il riferimento è alla sedazione cosciente, che talvolta si rivela un grande alleato nella terapia del piccolo paziente.
Per evitare il ricorso a questa, validissima, procedura in modo massivo, è indispensabile prevenire ogni minima stimolazione dolorifica ed è pertanto indispensabile assicurare un’anestesia locale efficace e duratura. A sua volta, la metodica iniettiva può costituire un elemento di disturbo per il paziente. Partendo da questi presupposti un gruppo di lavoro indiano ha sondato l’efficacia clinica della metodica computer-guidata di somministrazione dell’anestesia locale, secondo la tecnica detta single tooth anesthesia (STA). Questa è stata abbinata a molecole anestetiche molto note e dalle comprovate efficacia e modalità d’uso, come articaina e lidocaina, quest’ultima meno diffusa in Italia per la somministrazione iniettiva in odontoiatria.



Lo studio ha valutato le indicazioni in termini di dolore, ansia e collaborazione, appunto nel corso di due sedute consecutive di pulpectomia, secondo un modello di tipo split-mouth. Le valutazioni sono state condotte progressivamente nel corso del trattamento secondo le scale Faces Pain Rating Scale di Wong-Baker e Co-operation Anxiety Rating Scale. Per esattezza, la prima quantifica il grado di spiacevolezza o la dimensione affettiva del dolore, mentre la seconda è si concentra sul livello di ansietà e contemporaneamente di cooperazione. Il postoperatorio è stato verificato a 24 e 48 ore tramite richiamo telefonico.
Nessuno dei pazienti dello studio ha riportato eventi avversi tra quelli attendibile: dolore dentario postoperatorio, lesione accidentale del labbro e /o della guancia, prolungamento del senso di intorpidimento. In più, il precedente lavoro di Ashkenazi e colleghi certifica la sicurezza della gemma del corrispondente elemento permanente, a seguito dell’esposizione del deciduo a iniezione intraligamentosa secondo tecnica STA.
Sono stati dunque confermate le indicazioni per le quali l’anestesia computer-guidata secondo tecnica STA costituisca un’opzione valida sulla popolazione pediatrica, indicata anche agli operatori meno esperti [8].


Computer-assisted dental anesthesia nei bambini



Anche qualora no si possa scegliere di anestetizzare un solo elemento, scegliere un sistema in grado di erogare in modo computer-guidato l’anestetico può fare la differenza.
In molti casi è proprio l'iniezione anestetica a rappresentare uno dei trigger principali dell'ansia odontoiatrica.
Il dolore in corso di somministrazione è in buona parte da correlare alla difficoltà di controllo della pressione di rilascio della soluzione anestetica più che alla penetrazione dell'ago nei tessuti molli.
I moderni sistemi CCLAD (computer-controlled local anesthetic delivery, anestesia a rilascio controllato da computer) basano il proprio funzionamento proprio sul mantenimento di una pressione continua indipendentemente dalla resistenza dei tessuti. Ciò che ne risulta è una procedura anestetica virtualmente priva di dolore: è quanto ha voluto verificare, appunto nel paziente pediatrico, il gruppo di lavoro di Patini, in un'indagine pubblicata a metà 2018 sul British Journal of Oral and Maxillofacial Surgery.
Lo studio, condotto presso l'Unità di Odontoiatra Pediatrica dell'ospedale Gemelli di Roma, sotto l'egida dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ha coinvolto un totale di 76 pazienti di età compresa tra i 5 e i 12 anni trattati, nel periodo tra marzo 2016 e marzo 2017, con un’estrazione per lato a livello dell'arcata superiore. Lo studio ha seguito il modello split-mouth single-blind.
La sistematica utilizzata si presta all'esecuzione di diverse metodiche anestetiche, ma lo studio ha impiegato esclusivamente l'iniezione intrasulculare, sempre con un quantitativo pari a una tubofiala dello stesso anestetico (mepivacaina 2% con adrenalina 1:100000) Un lato del mascellare superiore è stato anestetizzato con tecnica convenzionale, l'altro tramite metodica CCLAD: la prima procedura condotta è dipesa dal processo di randomizzazione, ma in tutti i casi il paziente è venuto a trovarsi in cieco, cioè bendato nel corso delle procedure.
Gli outcome verificati consistono nel dato soggettivo della percezione dolorifica e in quello oggettivo della frequenza cardiaca.
Nel primo caso la misurazione è stata condotta utilizzando un Numerical Visual Rating Scale (NVRS), che assegna un punteggio di 0 all'assenza di dolore e 10 alla peggiore sensazione dolorifica possibile, risultata perfettamente comprensibile per tutti i pazienti. Lo score medio della tecnica convenzionale è risultato pari a 5.51 (con deviazione standard 2.46) e quello della nuova procedura CCLAD 4.74 (DS 2.8), significativamente inferiore. Anche la differenza di frequenza cardiaca è risultata significativamente favorevole nei confronti della metodica computerizzata.
In ultima analisi, un numero superiore di procedure inieittive tradizionali ha richiesto una seconda somministrazione per poter portare a termine la procedura.
Gli Autori ne concludono indicando la tecnica CCLAD come un'opzione efficace nella gestione dell'ansia odontoiatrica legata alla procedura iniettiva nel paziente pediatrico [9,10,11].




Bibliography

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2. James A C, James G, Cowdrey F A, Soler A, Choke A. Cognitive behavioural therapy for anxiety disorders in children andadolescents. Cochrane Database Syst Rev 2015; 18: CD004690.
3. Porritt J, Rodd H, Morgan A et al. Development and Testing of a Cognitive Behavioural Therapy Resource for Children's Dental Anxiety. JDR Clinical Translational Res 2017; 2: 23–37.
4. Children's experiences following a CBT intervention to reduce dental anxiety: one year on H. Rodd, J. Kirby, E. Duffy, J. Porritt, A. Morgan, S. Prasad, S. Baker & Z. Marshman BDJ volume 225, pages 247–251 (10 August 2018)
5. Beau D. Meyer • Jessica Y. Lee • S. Thikkurissy • Paul S. Casamassimo • William F. Vann, Jr An Algorithm-Based Approach for Behavior and Disease Management in Children
6. On the use of pets to manage dental anxiety Lora Manley School of Dental Medicine, University of Connecticut, Farmington, Connecticut, USA. Curr Pain Headache Rep. 2013 Apr;17(4):322.. The science behind animal-assisted therapy. Marcus DA1.
7. Jingwen Liu, Nathan J. Hall and Samarth S. Bhatt . Effect of Pet Dogs on Children's Perceived Stress and Cortisol Stress Response.
8. Jayanthi Mungara, Arun Elangovan, Poornima Vijayakumar, 1and Sakthivel Rajendran. In vivo Evaluation of 4% Articaine and 2% Lignocaine Intraligamentary Injection Administered with Single Tooth Anesthesia-Wand. Contemp Clin Dent. 2017 Apr-Jun; 8(2): 315–320.
9. Patini R, Staderini E, Cantiani M3, Camodeca A, Guglielmi F, Gallenzi P. Dental anaesthesia for children - effects of a computer- controlled delivery system on pain and heart rate: a randomised clinical trial. Br J Oral Maxillofac Surg. 2018 Oct;56(8):744-749
10. Eun-Jung et all. Computer-controlled local anesthetic delivery for painless anesthesia: a literature reviewJ Dent Anesth Pain Med 2016;16(2):81-88
11. Brandt RG, Anderson PF, McDonald NJ, Sohn W, Peters MC. The pulpal analgesia efficacy of articaine versus lidocaine in dentistry: a meta-analysis. J Am Dent Assoc. 2011; 142:493-504.